venerdì 8 luglio 2016

Of Books, Filmzzz, Tivvì -June 2016-


Di giugno ci si sposa lo sapete? E quando si sposa una delle tue amiche di più vecchia data, tu e le altre pazze passate il mese ad organizzare l'evento manco foste le damigelle di Kate Middleton: così tra un addio al nubilato (sotto l'acqua), la decorazione auto (altra acqua), la cerimonia (sempre acqua) e finalmente la cena (niente acqua, tiriamo un bel sospiro) con mancata sorpresa, il mese è trascorso e il tempo è stato davvero poco per dedicarsi a letture, film e telefilm. 

Qualcosina però sono riuscita a racimolare tra una risata, tanti ricordi e i vari incontri del Branco (meno la sposa).

LIBRI

Libro preferito del mese: Il tesoro dei Marvel di Brian Selznick. 
Un viaggio di 200 anni narrato tramite parole e tante, tantissime immagini. La prima parte l'ho trovata incantevole, fiabesca, commovente. Solo tanti disegni da far scorrere, da osservare fin nel minimo particolare per ricostruire la storia del protagonista e della sua progenie. Provate a mettere una bella musica di sottofondo, qualche colonna sonora di un film di quando eravate bambini, quelle pellicole che vi facevano viaggiare in posti lontani e vivere un'avventura incantata. Ecco forse il perché della nostalgia che mi ha preso mentre scorrevo le pagine desiderando che non finissero mai. 

Personaggio maschile preferito: Finnick Odair. Perché è figo. Fighissimo. Manzo. Sa fare tutto lui, è bello solo lui. E' pure innamorato di una mezza sciroccata. Finirà male, malissimo. Non ditemelo, lasciatemi sognare.
 Personaggio femminile preferito: Personaggi femminili che mi sono piaciuti: un paio. Personaggi che sono diventati il mio preferito del mese: nessuno. Signorine dovete impegnarvi di più! 

Citazione preferita: "Tu hai cambiato la mia vita molto più di quanto questo denaro potrà mai cambiare la tua. 
Non pensare a me troppo spesso. Non voglio pensarti in un mare di lacrime. Vivi bene.Semplicemente, vivi."

Io prima di te di Jojo Moyens (e se state pensando "che bimbaminkia è diventata la Penny?" sappiate che sotto ciclo tutto è permesso, anche piangere su un libro come questo!)

Saggio: L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello di Oliver Sacks.
Libro che mi ha consigliato la viperina. E' una serie di studi di casi neurologici più o meno gravi e narrati con toni che vanno dall'ironico/divertente al ben più tragico. All'inizio non riuscivo a levarmi un senso di angoscia sempre più forte finché non ho letto di alcuni pazienti che, di fronte a patologie veramente gravi e incurabili (il cervello che non riconosce più alcuni arti o addirittura le persone e gli oggetti), non si arrendevano e decidevano di essere più forti della malattia. 

FILM

Film preferito del mese: Seduzione pericolosa di Harold Becker. Film del 1989 che sono anni che cerco di vedere e mi ha convinto l'averne sbirciato l'inizio in televisione, in una maratona dedicata al grande Al Pacino.
Il film è il classico poliziesco/noir che girava in quegli anni, con il classico poliziotto affascinante ma sfigato. Questo qua per scoprire un serial killer di uomini che rispondono ad annunci per cuori solitari, si finge lui stesso alla ricerca dell'anima gemella. Incappa nella bella e super sexy Ellen Barkin, se ne innamora anche se è quasi certo della sua colpevolezza. Curiosità uno: il titolo originale è Sea of Love dalla canzone di Phil Phillips (quella che tra l'altro si sentiva pure in Senti chi parla).
Curiosità due: grazie a questa pellicola Al Pacino è tornato nelle grazie di Hollywood dopo anni a teatro e un paio di flopponi al cinema che quasi gli hanno fatto chiudere le porte in faccia di qualsiasi casa di produzione. 

Film visto e stravisto: Scemo e + scemo. 
Perché dopo averne parlato per un mese di fila, aver riproposto la colonna sonora alla tua amica sposina, toccava vederlo. Per la millemiliardesima volta. Un merlo, yeh! 


Attore preferito: Al Pacino. Per il secondo mese di fila. 
Nel caso non si fosse capito, nella vecchia diatriba Al Pacino o Robert DeNiro, io sono sempre stata #TeamAlPacino. 

Attrice preferita: Rooney Mara in Pan. Nonostante abbia trovato il film francamente dimenticabile, lei è adorabile nei panni di Tiger Lily. Lo so che ha parlato male del film e del fatto che Tiger Lily non doveva farla lei ma una nativa americana. Non voglio saperlo. A me lei è piaciuta tanto lo stesso.

SERIE TIVVI'

Serie preferita: Game of Thrones. Non so quando dirò di nuovo una cosa del genere. Posso però assicurarvi che non pensavo così bene di Game of Thrones dal 2011. Dite che è quando è uscita la prima serie? Esattamente. 
Adorai la prima stagione, non tutto, forse qualcosa non era proprio perfetto, ma i romanzi erano tanti e lunghi, ci sarebbe stato tempo. E quattro serie una più tremenda dell'altra. Finché non è arrivata questa sesta che, non è perfetta, è vero, ma mi ha fatto tornare ancora più indietro. Nel 2005. L'anno in cui lessi il primo romanzo della saga. 
Alcuni colpi di scena erano telefonati, alcune sorprese non saranno state proprio sorprese, ma era tanto che non piangevo per alcuni personaggi ed era troppo che non tifavo spudoratamente altri. E non gioivo per la morte di un cattivo. E non dormivo la notte per l'ansia dell'ultima puntata. Vedi sotto.

Attore preferito: Non so se è mai successo ma due attori meritano il premio. Il primo è Tobias Menzies che nei panni di Frank Randall mi ha conquistata come mi conquistò il suo Bruto in Rome, tantissimi anni fa (anche se la mia cotta per James Purefoy - Marco Antonio non me la scorderò mai).

L'altro è Damian Lewis per cui ho finalmente finito di versare le mie lacrime dopo la terza serie di Homeland (e quella comparsata fasulla nella quarta non dovevi, come hai osato) e ora posso tifarlo senza sensi di colpa nei panni del multimiliardario Bobby Axerold in Billions. 

Attrice preferita: Caitrona Balfe è brava. Ma brava brava brava. La serie sta diventata un po' pallosetta ma lei mi piace sempre. 

Momento Fuck Yeah: Sei un ragazzino, senza un soldo, fai il caddy d'estate per tirare su due spicci, un ricco coglioncello ti fa  licenziare. Una ventina di anni dopo cosa fai tu? Ti offri di comprare la targa su un monumento gigante per metterci il tuo di nome e non quello della famiglia del ragazzino coglione. Al momento di pagare, tu che eri il ragazzino poraccio ormai superriccofigo togli dalla cifra totale un bel 16, i dollari che prendevi all'ora per portare le mazze sul campo da golf. Solo che qua si parla di 16 milioni. Standing Ovation per la maglietta dei Metallica indossata durante il meeting. Tvb Brody. Scusa, Bobby.


Momento Don't Cry: Mettici una notte insonne. Mettici undici anni di domande e nessuna risposta. Ti arrovelli il cervello per quelle ore che ti separano dal sapere la verità, quella che sai ma che nessuno ti ha mai palesemente rivelato. 

Ovviamente il finale di stagione di Game of Thrones ha svelato - finalmente- quali sono le origini di uno dei personaggi chiave della saga: Jon Snow. 
Di chi fosse figlio realmente era qualcosa che ormai tutti avevamo capito in un modo e nell'altro. Il problema è che nessuno ce l'ha mai detto esplicitamente. 

Fino a quando non abbiamo visto Ned Stark varcare la soglia della Torre della Gioia, appoggiare la spada al letto e trovare sua sorella, Lyanna, in un letto insanguinato, morente
Tralascio che ho dovuto rivedere la scena più di una volta perché in quel momento ho ripercorso mentalmente undici anni di lettura della saga: i capitoli di Ned costellati di una richiesta, incomprensibile, allora; i riferimenti a sua sorella, Lady Lyanna, al torneo dove fu incoronata dal principe in persona, al rapimento da parte di lui, Rhaegar, il figlio del Re Folle. E poi i racconti, le versioni estremamente discordanti della stessa storia. E da qui il dubbio.

Alla fine  la scena è arrivata, esattamente come me l'ero immaginata per tanti anni. Lei che coraggiosamente non esala il suo ultimo respiro finchè il fratello non le fa quella promessa. Di proteggerlo, di tenerlo al sicuro da Robert che lo farebbe uccidere. 
Lei che gli ripete quel  "Promise me, Ned" letto infinite volte. 
Lui che in uno sguardo è consapevole del sacrifico che dovrà fare, che l'onore e l'amore per la sorella gli impongono. Il vagito di un neonato e Ned sa in quell'istante di dover mentire non solo al suo re e migliore amico ma anche a sua moglie, alla sua famiglia e soprattutto a lui, quel bambino appena nato. Jon Snow. Bastardo di Ned Stark, guardiano della notte, traditore, Lord comandante, morto e poi risorto, infine Re del Nord. 
Adesso qualcuno glielo dica: gli dica che sua madre di lui si è preoccupata sin da subito, gli dica che suo padre era l'unico Targaryen che meritava di governare. Non fatemi patire altri 11 anni. 
Intanto io prendo il fazzoletto e torno a smoccolare. 




giovedì 23 giugno 2016

Cinema Mon Amour: I Saw The Light di Marc Abraham

C'è un problema molto serio che affligge i film degli ultimi anni. 
Qualcosa che evidentemente i produttori non ritengono del tutto fondamentale.
Qualcosa che ormai si basa più che altro su libri, fumetti, vecchie serie televisive o peggio ancora vecchie pellicole.
E' quel fascicolo di fogli che si chiama copione o, nel nostro caso, sceneggiatura. 

I Saw The Light di Marc Abraham è un film che ha molti problemi e uno di questi è per l'appunto la sceneggiatura, corredata da un pessimo e raffazzonatissimo montaggio. 

La storia di Hank Williams, leggendario cantante country americano, aveva tutte le carte per essere un film memorabile, di quelli che alla fine ti ritrovi a piangere come una fontana ascoltando tutte le canzoni a ripetizione.

Nato in Alabama pochi anni prima della Grande Depressione, impara da giovanissimo a suonare la chitarra e a bere. La mamma gli fa da manager durante i primi anni per poi lasciare il posto alla prima moglie di Hank, Audrey Mae. Lavora in radio con la sua band, i Drifters Cowboys,  si fa buttare fuori e inizia la sua scalata al successo senza però mai perdere il vizio dell'alcool e degli antidolofici, questi a causa della dolorosa condizione fisica che lo affligge sin dalla nascita, la spina bifida. 

Ora, questa è solo una parte, minima tra l'altro, di quella che è stata la vita di Hank Williams. 
Marc Abraham ha deciso però di lasciar perdere l'Hank cantautore malinconico e si è concentrato sull'Hank alcolizzato e donnaiolo. E con concentrato intendo che ha proprio basato tutta la pellicola solo su questa facciata della sua vita.

Indubbiamente non è facile scrivere un film di cui già conosciamo il tragico epilogo, considerato quanto gli americani amino i lieto fine soprattutto se è dei loro idoli che si parla. 
Indubbiamente poteva essere fatto molto meglio. 
Ridurre una leggenda come Hank Williams a un uomo incapace di mantenere gli impegni, dedito a strizzare l'occhio a tutte le belle donne che gli passano davanti, innamorato folle un secondo e 
totalmente disinteressato quello dopo, è però un tale colpo basso che è comprensibile come mai questo film non sia stato amato in patria. 

Se però fossimo ignoranti? Se conoscessimo Hank Williams solo di nome? 
Al di là del ritratto spietato che ci ritroveremmo davanti, il problema è che non c'è soluzione di continuità. 
La pellicola non focalizza mai su un particolare della vita di Hank al di là dei suoi vizi: il rapporto mancato con il padre, la sua musica e il rapporto con i reietti della società, la malattia che l'ha fatto soffrire tutta la vita. 
La vita di Hank scorre in tante piccole vignette della durata di una decina di minuti, si passa di mese in mese, di anno in anno, senza nessun senso. 
E' difficile provare empatia per quest'uomo di cui conosciamo l'indubbio talento musicale ma anche il carattere tronfio e narcisista. 
Ed è dura da digerire perché certe canzoni da dove sarebbero uscite? Certe ballate tristi e malinconiche, storie di uomini che soffrono, piangono e hanno smarrito la via?

Avrei tranquillamente bollato questo film come successo mancato se non fosse per un particolare, nemmeno tanto piccolo: le interpretazione dei due protagonisti principali.
Tom Hiddleston e Elizabeth Olsen sono incredibilmente perfetti nei panni di Hank Williams e Audrey Mae Sheppard. 

Diciamocelo, su Tom Hiddleston avevamo tutti un po' di riserve: che sia inglese e non americano forse era il problema minore, gli accenti si imparano, ma la cantata così particolare di Hank non è faccenda semplice. 
Eppure per due ore ho completamente scordato chi stavo guardando e ho visto -e ascoltato - solo il personaggio (e per dimostrare che non sono di parte ammetto che con The Night Manager non mi era andata così bene). 
La voce non è esattamente identica, ma nemmeno Joaquin Phoenix rifaceva perfettamente Johnny Cash, eppure ci sembrava di vedere lui lì sul palco, di nero vestito con la sua chitarra e la sua June. Forse Marc Abraham avrebbe dovuto imparare qualcosa di più da James Mangold. 

Che a volte metterci più cuore e meno racconto serve. Che l'anima del film era già tutta nelle canzoni di Hiram "Hank" King Williams. Bastava solo chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla sua voce. 

martedì 7 giugno 2016

Cinema Mon Amour: Pan di Joe Wright


Timing is everything. 
L'importante è parlare di film appena usciti, non di pellicole che ormai stanno prendendo polvere sugli scaffali.

Pan di Joe Wright  (sottotitolo italiano non necessario: "Viaggio sull'isola che non c'è" perché vuoi mica che noi pensiamo sia un film sui fauni della mitologia romana) era un mio must watch
Ce l'avevo nella lista dei 5 film più attesi del 2015, ci credevo tantissimo, ero pronta a tornare bambina grazie alla polvere di fata, i pirati, le battaglie, la magica Londra ottocentesca. 

E invece le tante (troppe) recensioni negative mi hanno abbattuto così l'umore che manco andai al cinema a vederlo.
Ma Pan di Joe Wright è così brutto? 
Si e no. 

Ricapitolando: Joe Wright, quello che vi ha fatto quasi attaccare alla canna del gas con Espiazione per la tristezza e con Anna Karenina per la noia, si prende il compito di raccontarci il prequel di una delle storie più celebri di fine ottocento, quella di Peter Pan e delle sue avventure sull'Isola che non c'è. 
All'inizio Peter era solo un orfanello meno insopportabile del solito, vessato dalle suore, nel pieno della seconda guerra mondiale. 
Poi un bel giorno lui e i suoi compagnucci vengono rapiti dalla ciurma di un cattivissimo pirata che li costringe a lavorare in miniera alla ricerca della polvere di f
ata che, a quanto pare, ha il superpotere di farti ringiovanire.
Capitan Barbanera, il cattivone del film, vuole vivere in eterno ed entra in scena ballando e cantando sulle note di Smells like teen spirit dei Nirvana. 

Peccato che Joe Wright non è Buz Luhrmann. Non che solo Buz Luhrmann possa infilare musiche fuori epoca nei suoi film d'epoca, non ha lui il copyright, ma lui lo sa fare dannatamente bene. 
E' kitsch, è folle, è esagerato. Qua sembra che il regista voglia fare non solo qualcosa di diverso dal suo solito, ma anche creare un'atmosfera simil dark per noi grandicelli. 
Peccato che non ci creda fino in fondo, infatti gli intermezzi musicali rock sono soltanto due (l'altro è Blitzkrieg Bop dei Ramones).

Il film prosegue con la scoperta di Peter di saper volare (involontariamente causata da Barbanera che prima di buttarlo giù dall'asse gli sussurra "fai pensieri felici") e l'amicizia inaspettata tra il pupo e un ancora buono ma canaglia Uncino (che nelle nuove trasposizioni deve essere fico da contratto come ogni wannabe pirata che si rispetti). 

I due scappano, incontrano la tribù di Tiger Lily (e non mi interessa che a nessuno sia piaciuta ma io ho trovato Rooney Mara adorabile) e si scopre che Peter è tipo il figlio di una guerriera fichissima e di un principe delle fate.
Il tutto talmente telefonato che tu sei convinto che entro la fine ci sarà un colpaccione di scena immenso e che la storia per come la conosciamo noi in realtà è solo una panzana. 
Non c'è. Succede tutto da programma. 

Tanto che quando Uncino molla Tiger Lily e Peter e questi due deficienti si fanno catturare nel modo più stupido del mondo da Barbanera, lo sai che quella canaglia tornerà indietro a salvarli tutti e due perché al pupo si è affezionato e della ragazza si è innamorato. Driiin gigante. 

Il problema della pellicola non è tanto la sceneggiatura (telefono casa per le svolte e infantile nei dialoghi) o la regia che non si capisce bene da che parte voglia andare (toni epici, dramma drammissimo, effetti dark, commedia romantica). 


Noi tutti conosciamo la storia di Peter Pan, il coccodrillo, la fobia di Uncino per gli orologi, la loro rivalità, seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino. 

Se vuoi rileggere la storia e renderla interessante anche per chi la sa praticamente a memoria, bisogna che tu reinventi, senza snaturare ovvio ma creando un po' di sbalordimento, di effetto sorpresa. 
Se invece ti vuoi attenere al copione, alla trama originale, almeno stupiscici con la regia, gioca con le musiche, con gli effetti visivi, con i rimandi a quello che succederà (anche qui, capita, è vero, ma finisce tutto troppo presto). 

E' intrigante che la favola inizi con l'amicizia tra i due storici rivali e si concluda con Uncino che si chiede "cosa mai potrebbe andare storto". Peccato che non lo sapremo mai visto l'andazzo del film al botteghino. 
Un'occasione sprecata nella mani di Joe Wright. Diciamocelo, forse forse, fosse stato qualche altro regista al timone, la pellicola ci avrebbe solo guadagnato. Ma io sto sognando. Ed è lì che aspetterò il prossimo viaggio per l'Isola che non c'è. Nel luogo magico tra sogno e veglia.