giovedì 23 giugno 2016

Cinema Mon Amour: I Saw The Light di Marc Abraham

C'è un problema molto serio che affligge i film degli ultimi anni. 
Qualcosa che evidentemente i produttori non ritengono del tutto fondamentale.
Qualcosa che ormai si basa più che altro su libri, fumetti, vecchie serie televisive o peggio ancora vecchie pellicole.
E' quel fascicolo di fogli che si chiama copione o, nel nostro caso, sceneggiatura. 

I Saw The Light di Marc Abraham è un film che ha molti problemi e uno di questi è per l'appunto la sceneggiatura, corredata da un pessimo e raffazzonatissimo montaggio. 

La storia di Hank Williams, leggendario cantante country americano, aveva tutte le carte per essere un film memorabile, di quelli che alla fine ti ritrovi a piangere come una fontana ascoltando tutte le canzoni a ripetizione.

Nato in Alabama pochi anni prima della Grande Depressione, impara da giovanissimo a suonare la chitarra e a bere. La mamma gli fa da manager durante i primi anni per poi lasciare il posto alla prima moglie di Hank, Audrey Mae. Lavora in radio con la sua band, i Drifters Cowboys,  si fa buttare fuori e inizia la sua scalata al successo senza però mai perdere il vizio dell'alcool e degli antidolofici, questi a causa della dolorosa condizione fisica che lo affligge sin dalla nascita, la spina bifida. 

Ora, questa è solo una parte, minima tra l'altro, di quella che è stata la vita di Hank Williams. 
Marc Abraham ha deciso però di lasciar perdere l'Hank cantautore malinconico e si è concentrato sull'Hank alcolizzato e donnaiolo. E con concentrato intendo che ha proprio basato tutta la pellicola solo su questa facciata della sua vita.

Indubbiamente non è facile scrivere un film di cui già conosciamo il tragico epilogo, considerato quanto gli americani amino i lieto fine soprattutto se è dei loro idoli che si parla. 
Indubbiamente poteva essere fatto molto meglio. 
Ridurre una leggenda come Hank Williams a un uomo incapace di mantenere gli impegni, dedito a strizzare l'occhio a tutte le belle donne che gli passano davanti, innamorato folle un secondo e 
totalmente disinteressato quello dopo, è però un tale colpo basso che è comprensibile come mai questo film non sia stato amato in patria. 

Se però fossimo ignoranti? Se conoscessimo Hank Williams solo di nome? 
Al di là del ritratto spietato che ci ritroveremmo davanti, il problema è che non c'è soluzione di continuità. 
La pellicola non focalizza mai su un particolare della vita di Hank al di là dei suoi vizi: il rapporto mancato con il padre, la sua musica e il rapporto con i reietti della società, la malattia che l'ha fatto soffrire tutta la vita. 
La vita di Hank scorre in tante piccole vignette della durata di una decina di minuti, si passa di mese in mese, di anno in anno, senza nessun senso. 
E' difficile provare empatia per quest'uomo di cui conosciamo l'indubbio talento musicale ma anche il carattere tronfio e narcisista. 
Ed è dura da digerire perché certe canzoni da dove sarebbero uscite? Certe ballate tristi e malinconiche, storie di uomini che soffrono, piangono e hanno smarrito la via?

Avrei tranquillamente bollato questo film come successo mancato se non fosse per un particolare, nemmeno tanto piccolo: le interpretazione dei due protagonisti principali.
Tom Hiddleston e Elizabeth Olsen sono incredibilmente perfetti nei panni di Hank Williams e Audrey Mae Sheppard. 

Diciamocelo, su Tom Hiddleston avevamo tutti un po' di riserve: che sia inglese e non americano forse era il problema minore, gli accenti si imparano, ma la cantata così particolare di Hank non è faccenda semplice. 
Eppure per due ore ho completamente scordato chi stavo guardando e ho visto -e ascoltato - solo il personaggio (e per dimostrare che non sono di parte ammetto che con The Night Manager non mi era andata così bene). 
La voce non è esattamente identica, ma nemmeno Joaquin Phoenix rifaceva perfettamente Johnny Cash, eppure ci sembrava di vedere lui lì sul palco, di nero vestito con la sua chitarra e la sua June. Forse Marc Abraham avrebbe dovuto imparare qualcosa di più da James Mangold. 

Che a volte metterci più cuore e meno racconto serve. Che l'anima del film era già tutta nelle canzoni di Hiram "Hank" King Williams. Bastava solo chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla sua voce. 

martedì 7 giugno 2016

Cinema Mon Amour: Pan di Joe Wright


Timing is everything. 
L'importante è parlare di film appena usciti, non di pellicole che ormai stanno prendendo polvere sugli scaffali.

Pan di Joe Wright  (sottotitolo italiano non necessario: "Viaggio sull'isola che non c'è" perché vuoi mica che noi pensiamo sia un film sui fauni della mitologia romana) era un mio must watch
Ce l'avevo nella lista dei 5 film più attesi del 2015, ci credevo tantissimo, ero pronta a tornare bambina grazie alla polvere di fata, i pirati, le battaglie, la magica Londra ottocentesca. 

E invece le tante (troppe) recensioni negative mi hanno abbattuto così l'umore che manco andai al cinema a vederlo.
Ma Pan di Joe Wright è così brutto? 
Si e no. 

Ricapitolando: Joe Wright, quello che vi ha fatto quasi attaccare alla canna del gas con Espiazione per la tristezza e con Anna Karenina per la noia, si prende il compito di raccontarci il prequel di una delle storie più celebri di fine ottocento, quella di Peter Pan e delle sue avventure sull'Isola che non c'è. 
All'inizio Peter era solo un orfanello meno insopportabile del solito, vessato dalle suore, nel pieno della seconda guerra mondiale. 
Poi un bel giorno lui e i suoi compagnucci vengono rapiti dalla ciurma di un cattivissimo pirata che li costringe a lavorare in miniera alla ricerca della polvere di f
ata che, a quanto pare, ha il superpotere di farti ringiovanire.
Capitan Barbanera, il cattivone del film, vuole vivere in eterno ed entra in scena ballando e cantando sulle note di Smells like teen spirit dei Nirvana. 

Peccato che Joe Wright non è Buz Luhrmann. Non che solo Buz Luhrmann possa infilare musiche fuori epoca nei suoi film d'epoca, non ha lui il copyright, ma lui lo sa fare dannatamente bene. 
E' kitsch, è folle, è esagerato. Qua sembra che il regista voglia fare non solo qualcosa di diverso dal suo solito, ma anche creare un'atmosfera simil dark per noi grandicelli. 
Peccato che non ci creda fino in fondo, infatti gli intermezzi musicali rock sono soltanto due (l'altro è Blitzkrieg Bop dei Ramones).

Il film prosegue con la scoperta di Peter di saper volare (involontariamente causata da Barbanera che prima di buttarlo giù dall'asse gli sussurra "fai pensieri felici") e l'amicizia inaspettata tra il pupo e un ancora buono ma canaglia Uncino (che nelle nuove trasposizioni deve essere fico da contratto come ogni wannabe pirata che si rispetti). 

I due scappano, incontrano la tribù di Tiger Lily (e non mi interessa che a nessuno sia piaciuta ma io ho trovato Rooney Mara adorabile) e si scopre che Peter è tipo il figlio di una guerriera fichissima e di un principe delle fate.
Il tutto talmente telefonato che tu sei convinto che entro la fine ci sarà un colpaccione di scena immenso e che la storia per come la conosciamo noi in realtà è solo una panzana. 
Non c'è. Succede tutto da programma. 

Tanto che quando Uncino molla Tiger Lily e Peter e questi due deficienti si fanno catturare nel modo più stupido del mondo da Barbanera, lo sai che quella canaglia tornerà indietro a salvarli tutti e due perché al pupo si è affezionato e della ragazza si è innamorato. Driiin gigante. 

Il problema della pellicola non è tanto la sceneggiatura (telefono casa per le svolte e infantile nei dialoghi) o la regia che non si capisce bene da che parte voglia andare (toni epici, dramma drammissimo, effetti dark, commedia romantica). 


Noi tutti conosciamo la storia di Peter Pan, il coccodrillo, la fobia di Uncino per gli orologi, la loro rivalità, seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino. 

Se vuoi rileggere la storia e renderla interessante anche per chi la sa praticamente a memoria, bisogna che tu reinventi, senza snaturare ovvio ma creando un po' di sbalordimento, di effetto sorpresa. 
Se invece ti vuoi attenere al copione, alla trama originale, almeno stupiscici con la regia, gioca con le musiche, con gli effetti visivi, con i rimandi a quello che succederà (anche qui, capita, è vero, ma finisce tutto troppo presto). 

E' intrigante che la favola inizi con l'amicizia tra i due storici rivali e si concluda con Uncino che si chiede "cosa mai potrebbe andare storto". Peccato che non lo sapremo mai visto l'andazzo del film al botteghino. 
Un'occasione sprecata nella mani di Joe Wright. Diciamocelo, forse forse, fosse stato qualche altro regista al timone, la pellicola ci avrebbe solo guadagnato. Ma io sto sognando. Ed è lì che aspetterò il prossimo viaggio per l'Isola che non c'è. Nel luogo magico tra sogno e veglia. 

domenica 5 giugno 2016

Of Books, Filmzzz, Tivvì -May 2016-

Senti estate, facciamo un patto tu ed io: mi disintossico dalla Nutella ma tu arriva, ti prego. 
Adoro la dolce brezza primaverile, ma gli acquazzoni che ti abbassano la temperatura manco fosse Novembre, no. E non iniziare a canticchiare la canzone dei Guns n' Roses, non ti permettere.

LIBRI

Libro preferito del mese: Via Col Vento di Margaret Mitchell.
Conosco il film praticamente a memoria, lo amo follemente sin dalla più tenera infanzia eppure il romanzo ha saputo stupirmi più di una volta.
I personaggi sono meglio tratteggiati, le vicende si susseguono in un vortice di emozioni continuo, la storia, la guerra, ti sembra di vederla e di viverla in prima persona.
Ho amato odiare Rossella (o odiato amarla, ancora non ho deciso), Rhett è entrato nella classifica dei fidanzati da romanzo con il suo tormentato carattere, Melania è la meravigliosa amica che tutte dovreste avere, Ashley...Ashley è l'ameba del film, anzi forse è peggio.

Personaggio maschile preferito: Rhett Butler di Via Col Vento.
Era partito sfrontato, diretto, incurante delle tradizioni e del significato dell'onore. E' finito distrutto, ossessionato, innamorato perso. Rhett è un personaggio talmente complesso che ci vorrebbe un articolo solo per lui. E nella mia personale immaginazione è sia l'immenso Clark Gable che il moderno e inglesissimo Dominic Cooper *inserire sospiri*


Personaggio femminile preferito: Melania Wilkes di Via Col Vento.
Senza nulla togliere alla protagonista Rossella, Melania ha conquistato poco per volta, pagina dopo pagina il mio cuore. Melly è apparentemente tranquilla, fragile, insicura. Un ramo destinato a spezzarsi al primo accenno di vento. Eppure si dimostra la roccia a cui si aggrappano tutti i protagonisti del romanzo: il marito Ashley, la decisamente più sfrontata Rossella, Rhett nei suoi momenti peggiori. E' fin troppo buona e altruista, indubbiamente, ma è anche il suo cercare di vedere sempre il lato positivo ad avermela fatta amare così tanto.


Citazione preferita: "E ora guardandosi tristemente indietro, Rossella comprendeva che Melania era sempre stata al suo fianco con una spada in mano, discreta come un'ombra, amandola e lottando per lei con appassionata fedeltà, combattendo contro yankees, fuoco, povertà, opinione pubblica e perfino contro gli amati parenti" Via Col Vento di Margaret Mitchell


Saggio: Psicopatologia del quotidiano di Sigmund Freud. 
E' una lettura scorrevolissima e piacevole anche per una non addetta ai lavori come me. Fa ridere che Freud debba infilare riferimenti sessuali ogni trenta righe.


FILM


Film nuova visione: Quel pomeriggio di un giorno da cani di Sidney Lumet.
Mea culpa non aver mai visto questo film con quel magnifico attore che è Al Pacino.
E' la storia vera di una rapina in banca un po' particolare, perché quando uno dei rapinatori molla prima di iniziare e il capo banda diventa tanto amico degli ostaggi da insegnargli a roteare il fucile, non si può dire di essere nell'ordinario. Mettiamoci pure la memorabile battuta di Al Pacino/Sonny che alla domanda "Perché stai rapinando una banca" risponde sorpreso "Perché è qui che ci sono i soldi". Geniale. 

 Film visto e stravisto: La duchessa di Saul Dibb. 
Bisogna essere di un umore ottimo per vedere questo film senza rotolarsi a terra piangendo abbracciati alle proprie ginocchia. Ecco, io ammetto di aver saltato la parte famigerata che mi fa contorcere dal dolore manco fossi io la madre a cui strappano il figlio dalle braccia. Questa pellicola mi piace 1. per i costumi sfarzosissimi 2. per la storia d'ammmore tra Georgiana e Charles Grey 3. per Charles Grey. 


Attrice preferita: Diane Keaton in Tutto può succedere.
Straordinariamente teatrale. Ecco come definirei la sua interpretazione. La stessa pellicola, il ruolo della Keaton, l'evolversi del suo personaggio mi hanno fatto venire in mente una commedia teatrale. Che poi sarebbe quello che effettivamente scrive il personaggio che Diane interpreta. Caso? 

Attore preferito: Al Pacino in Quel pomeriggio di un giorno da cani.
Al Pacino, rapinatore omosessuale, con moglie e due figli a carico, che tiene in ostaggio un branco di donne che alla fine lo adorano e gli fanno gli auguri di felice vita. 

TIVVI'

Serie preferita: My So Called Life.
So perfettamente di averla recuperata per colpa di una certa cotta. In realtà erano anni che facevo la posta a questa serie tv che andò in onda su Mtv nel lontano 1994. Me ne sono innamorata. E' una serie tivvì adorabile e così tanto realistica. Intanto gli adolescenti sono quasi tutti adolescenti. E poi le situazioni non sono al limite dell'assurdo (vedi Dawson's Creek). E la colonna sonora è un sogno. Avete vinto tutto con quella colonna sonora anni '90. 

Miniserie: Non so come definirla ma la infilo qua perché ogni scusa è buona. Preacher. E vi spiego il perché in cinque punti più uno.

Attore preferito: Dominic Cooper perché amo Jesse Custer, perché lui è inglese, perché è fregno, perché il suo ruolo è troppo figo. Sto rileggendo i fumetti da un mese, sto attendendo con ansia certe battute. 

Attrice preferita: Claire Danes in My So Called Life. Voi siete stati Angela Chase, io sono stata Angela Chase. Indecisa, lamentosa, alla ricerca costante di sé stessa che si tratte di amicizie, scuola, famiglia, amore. Capelli. Modo di vestire.
La prenderei a schiaffi e la abbraccerei, esattamente come farei se dovessi incontrare la me quindicenne. 
O la me ventenne perché la scena in cui Jordan le da buca e lei sale in camera e attacca a piangere seduta sul pavimento mi ha ricordato un preciso momento della mia vita. E mi ha fatto desiderare di scaricare la sparachiodi in faccia alla sua cotta (o alla mia). 


Momento Fuck yeah: Ve lo ricordate il Dottor Benton che si prende un cazziatone per aver iniziato ad operare da solo salvo sentirsi dire, poco prima di uscire dalla sala operatoria, "comunque complimenti, ha fatto un ottimo lavoro, gli ha salvato la vita" e lui poi fa quel gesto affondando il ginocchio? 
Tu l'hai visto 24 puntate per 15 stagioni perché era anche nella sigla. E quando lo rivedi applaudi lo stesso. Perché è ER ed è la serie che più ami in assoluto. 

Momento Don't Cry:  Hold the door.